“Bisogna amarsi
molto per suicidarsi”, aveva detto Albert
Camus.
“La vita è una
sigaretta: brace, cenere e fuoco. Alcuni fumano nervosamente, altri assaporano
gli aromi”, scriveva Manuel Machado.
Eppure, tu non
sai ancora dare una spiegazione a ciò che senti dentro. Cos’hai? Che c’è? Che
vuoi? Dove sei?
Eppure, sai che un qualsiasi luogo per ucciderti
andrebbe bene. ma non sai in che luogo andare. qualunque, va bene. ma non casa
tua. Non la comprerebbe più nessuno.
Prenderesti un tram. gireresti la città per
un’ultima volta senza meta. aspetteresti il crepuscolo o, meglio, la notte. Ti
nasconderesti. andresti a morire come un gatto. là dove non ti vede
nessuno.
Ci si uccide perché si è stanchi. sopraffatti. Una volta pensavi che mai
avresti pensato al suicidio. Son bastati vent’anni o poco meno o, meno
probabile, poco più, per distruggere quel dogma. annientarlo.
Vorresti dire qualcosa. vorresti lasciar qualcosa.
quei tuoi pensieri vuoti ma che tu sai che son tanto pieni. Vanno solo saputi
leggere, interpretati. ma la gente non ha voglia. Ma la gente non può. Il
suicidio non è una tua sconfitta, ma una sconfitta della società. E’ lei a
perdere. lei, che non sa di essere formata da tanti te. E’ lei a perdere, perché
tu te ne vai. E’ lei che rimane. Da ora in avanti, son cazzi di chi
rimane.
E te ne esci da quella zona, senza essere mai
stato sotto “l’occhio di bue”, né all’interno di un campo visivo.
Te ne andresti così. con un sorriso tirato sul
viso. dovuto.
te ne andresti così, perché dentro sei un
signore.
te
ne andresti felice perché nessuno più, da ora in poi, avrà da parlare di te. Da
ora in poi avranno solo ricordi. soliti e, col passar del tempo, noiosi ricordi.
Non avrai più da dargli merce fresca per le loro chiacchiere. E sarai, allora,
finalmente libero.
Alberto
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