giovedì 15 marzo 2012

Deiezioni mentali notturne e pupazzi brutti.

Ti ho lasciato io. Eppure quando mi hai baciata non mi sono tirata indietro. Scusami, non volevo illuderti, ma se sono con te mi piaci. Se sono con l'altro mi piace l'altro.
Non abbiamo mai avuto problemi.
Ci siamo conosciuti per caso, e non ho mai vissuto un'esperienza bella come la nostra. Non ci siamo fatti aspettative, perché non sapevamo niente l'una dell'altro, del nostro passato, delle nostre esperienze.
Abbiamo semplicemente imparato a conoscerci. E tu lo hai fatto più di chiunque altro.
Mi conosci davvero.
Ti sei impegnato a sopportarmi e a supportarmi nelle mie minchiate quotidiane. Dal mio snervante carattere acido, al fatto che cambiassi idea sul come vestirmi prima di uscire almeno cinque volte. E poi mi truccavo in cinque minuti, niente di speciale: fondotinta, fard, mascara e eye-liner. E tu lì, con l'acustica in mano strimpellavi accordi, mentre, paziente, mi aspettavi.

E senza pretese uscivamo. Parlavamo. Ci confrontavamo.

Senza impegno, ci siamo detti all'inizio. E non c'è mai stato, perché è venuto tutto naturale, spontaneo, semplicemente com'eravamo.

Anche nella routine quotidiana non ci siamo mai annoiati. Trovavamo qualcosa da fare, seppure fosse un giro al lago a guardare le folaghe immergersi nei primi giorni di tiepido sole, o rannicchiati sotto le coperte quando pioveva.
E quei campi verdi del Nord… Chi se li scorda più? Ogni volta che ti baciavo mi venivano in mente. Il cane invisibile, le nostre deiezioni mentali, l'acquazzone estivo al primo appuntamento, e la cena a base di patatine e birra, gli sbirri che ci chiedono i documenti perché siamo seduti per terra, fradici, in stazione. Ed è così che scopro il tuo vero nome.

Poi ci affezioniamo, e tutto è un sogno. I viaggi. Le esperienze passate non contavano. E se eri triste ti abbracciavo. E potevi contare su di me.

I concerti, la musica, gli strumenti che parlano come se fossero voci, le più belle mai sentite. Sei sempre con me.
Scopro gli EITS grazie ad uno spot pubblicitario. Ti linko una loro canzone, quella che mi fa immaginare gli stessi campi verdi del Nord. Che mi mette amarezza, ma che è perfetta. E mi fai un complimento bellissimo: "Devo dire amo questo tuo lato post. Credo che questo tipo di musica incarni perfettamente ciò che il mondo è oggi, forte amarezza che sai che prima o poi esploderà, e prima che esploda puoi godere delle sfumature, fantasticare sul come sarà dopo, e lasciarti assorbire". Io, che non pensavo di intendermi di musica, mi sento dire da uno studente di chitarra una cosa del genere? Mi sono sciolta.

E poi trovo lavoro. Ci ha tolto tanto di quel tempo, che manco riesco ad immaginarlo. E mi ha tolto la voglia di credere in quello che c'eravamo sempre detti. L'unico mio pensiero era di arrivare al fine settimana, e rilassarmi. Non m'importava più del lago quando faceva caldo, dei momenti d'intimità quando fuori pioveva… Volevo solo recuperare le energie, riprendermi da quei cinque giorni, otto ore al giorno, per otto mesi, non pagati, per arrivare finalmente alla realizzazione di un piccolo sogno: firmare un contratto che tanto avevano millantato, e poter guadagnare qualcosa da mettere da parte, al fine di trasferirci, un giorno, all'estero.

Un sabato pomeriggio siamo a casa tua. Devi comporre un video di spezzoni di proposte di matrimonio. E' stato un tuo amico a chiedertelo. Vuole fare una sorpresa alla sua ragazza per San Valentino, e chiederle la mano. Volevi il mio aiuto, ma io avevo sonno. Dormo finché una canzone degli EITS non mi sveglia… Sei tu che l'hai messa. Sapevi come svegliarmi.
-Ti piace come sottofondo finale per il video?- mi chiedi.
-E' bellissima. Ma loro non la capirebbero. Non gli darebbero lo stesso significato che gli darei io. Questa è mia. Loro sono miei. Questa canzone è nostra. Mi appartiene.

Pochi giorni dopo il mio benessere viene minato… Un mercoledì sera mi chiamano in ufficio i capi. Han deciso di lasciarmi a casa. Il mondo assume la sua espressione più brutale, e che tu venga da me ha poca importanza, perché il mio cervello va oltre… Senza lavoro significa sogni irrealizzabili. E come non mi trovavo bene nella routine lavorativa, lì non mi son trovata bene nella routine da disoccupata.
Ho liberato i miei istinti, rifugiandomi in nuovi pensieri più felici… Tipo quel ragazzo che conosco da anni, che ho incontrato a lavoro, che aveva una cotta per me quando eravamo ragazzini, ma che io snobbavo perché non reputavo alla mia altezza, e che ora è così carino, tanto che lo spiavo dalla porta-finestra mentre faceva pausa siga. Quello che non mi rivolgeva la parola perché era sempre in imbarazzo, quello che si studiava i miei orari di pausa pur di incrociarmi.
Ed è così a caso, che mi sono presa per lui, perché ho reputato più semplice cambiare totalmente la mia routine. Stravolgerla.
Certe ragazze cambiano taglio o colore di capelli quando vengono destabilizzate mentalmente. Io voglio rimanere biondo platino -ricordi la mia storia su chi ha i capelli biondi? Quanto sono "potenti"? Ti avevo fatto ridere un sacco- però ho voluto accantonarti. Sono un mostro.
Sono come tutto ciò che ho sempre odiato. Come quegli odiosi bambini viziati che abbandonano un pupazzo a cui sono affezionati -quelli magari senza un occhio, o senza naso, col pelo infeltrito- solo perché hanno un nuovo giocattolo. I giocattoli brutti. E tu mi hai detto: -Sono diventato come quei pupazzi brutti. Mi vuoi accantonare per averne uno nuovo.
Mi ha ferito. Mi hai colpita nel vivo. Ma io ti lascio, decisa ad intraprendere una nuova via.

Quando ci siam visti e mi hai regalato quell'album con la dedica… Io mi sono sciolta, di nuovo. Mi capisci meglio di chiunque altro.

E ora che mi sto rifugiando in un altro ragazzo, è vero, non riesco a non incazzarmi se so che sei "online" su facebook, perché con me non sei mai stato "online". E vorrei sapere se ti stai buttando anche tu tra le braccia di un'altra, per accantonarmi, com'è giusto che sia, perché sono io il pupazzo brutto. E lo sono davvero.
Ti sto facendo del male. E sto male nel saperlo.
Ora vorrei esser con te, magari prendermi un gelato in quel bar così nuovo della tua cittadina.

Non pensavo di avere ancora qualcosa da dirti, però non è così. E' solo per il bene di tutti e due che non te le dico. Ho infangato tutto. Ed è per questo motivo che non riesco a prendere una decisione: temo di rimescolare le carte. E preferisco lasciarti andare, e darti la possibilità di trovare il tuo pupazzo. Ogni bambino ne ha uno che non abbandonerà mai.
Per me è sempre stato più difficile: tra tanti pupazzi, ne avevo troppi che reputavo "brutti" e più bisognosi di attenzioni. Non ho MAI saputo scegliere. Solo che di pupazzi preferiti un bimbo ne può avere mille, che dormono, mangiano, gli tengono compagnia, tutti insieme. Di ragazzo ne posso avere solo uno.

Loro rimangono la colonna sonora dei nostri ricordi. E tu sai quanto siano importanti per me. Per NOI. Ci appartengono.

Grazie Pierpregio. Ricorda: TAKE CARE, TAKE CARE, TAKE CARE.

Il tuo brutto peto.

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