Per
favore dimmelo tu che cos'è questo groviglio innominabile e
indistricabile fatto di pianti, ansia, dolore, paura, rivendicazioni e
poi di nuovo pianti ma non troppo che mi si disfa la faccia e poi
rimango sgualcita fino a sera.
Questo
schifo immondo fatto di giornate in cui non si riesce a combinare
nulla, passare come un fantasma sui tacchi dall'ufficio al bagno e stare
venti minuti seduta sul water a inventarmi un motivo -uno cazzo- per
tornare di là che non sia la stagista rimasta sola a rispondere al
telefono, fatto di serate senza nessun senso, di conversazioni che sanno
di fiori di Bach sotto la lingua, di finte idee
brillanti tipo adesso compro la Lonely dell'Indonesia e mi studio un
itinerario della Madonna, sarà un viaggio fighissimo e invece.
Una
realtà tutta sbagliata, dove fai un incidente e mandi una povera
stronza all'ospedale, e non riesci nemmeno a dispiacertene o
preoccuparti per le cazzate che stai inanellando da mesi, sei tutta
presa a controllare se per caso passa da quell'incrocio l'unica persona
da cui vorresti essere confortata e sgridata perché noi non siamo
napoletani.
Un
alternarsi continuo di facce preoccupate e patpat sulla spalla,
daivedraichepassa, nonseilaprimanélultima, euforia incontrollata che
stasera mi sento di uscire ma purtroppo vi odio tutti belli e brutti già
da mezz'ora, quindi mi chiamo un taxi per tornare a casa, che la
macchina ormai l'ho distrutta.
Questo
susseguirsi di punti interrogativi, tutti belli curvi come la mia
schiena, tutti con l'accento grave che la situazione lo richiede:
perchè, cos'è, quand'è, cosa sarà, quando sarà.. Di, a, da, in, con, su,
per, tra, fra.
Dimmelo tu che cos'è, perché per me non è vita.
L'unica
cosa che mi manca più di te siamo noi. Non riesco a farmene una ragione
e temo che me ne starò un bel po' nella sala d'attesa delle
non-ancora-vere-donne, ma ho pensato che se magari sei anche tu seduto
lì potremmo prendere un caffè alla macchinetta.
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